MEDIAZIONE FAMILIARE E COMPETENZE EMOTIVE DEL MEDIATORE

di Serena Biagini I.R.F. di Firenze Psicologa, Psicoterapeuta, Mediatore familiare e sociale biagini.serena@masternet.it

Aspetti Evolutivi del processo Separativo
Una situazione di crisi nella coppia, può portare alla necessità di ristrutturare la relazione tra i coniugi per trovare le soluzioni ai conflitti che l'hanno generata, in modo tale da sviluppare un'intesa migliore tra i partner o può portare verso un processo separativo che comunque comporta un cambiamento delle relazioni all'interno della famiglia che riguarda la sfera emotiva, sociale, psichica, delle persone coinvolte.
Nella fase pre-separativa, i coniugi si trovano ad affrontare emozioni intense, conflitti, che esprimono dolore e gradualmente o improvvisamente, si delinea la consapevolezza dell'inevitabilità della separazione con tempi e modi, spesso, diversi tra i partner.
L'accettazione di questa scelta è forse il momento più difficile del processo separativo, sia per chi lo sceglie, sia per chi lo subisce, perché delinea il passaggio alla ristrutturazione dei sentimenti e delle relazioni verso l'altro coniuge.
Se i partner sono anche genitori, dovranno trattare gli accordi per i figli e oltre a dover affrontare la separazione della loro relazione coniugale, dovranno imparare a mantenere attiva quella co-genitoriale, impegnandosi a separare i bisogni dei figli dai loro bisogni personali.
Questa nuova relazione co-genitoriale potrà causare cambiamenti nella relazione con i figli e loro come genitori dovranno essere in grado di poterli affrontare.
Socialmente, da un'immagine di coppia-famiglia, accettata, da parte della famiglia estesa, degli amici, vicini, colleghi di lavoro, i partners dovranno iniziare a sviluppare relazioni sociali come individui e non più come coppia e questo comporterà, a livello psichico, la capacità di saper ritrovare la propria individualità separata dal Noi-coppia.
Tutti questi cambiamenti generano, normalmente, un periodo di confusione personale e di maggior auto-ascolto necessario per capire dove si è sbagliato, che cosa si poteva fare e non si è fatto, che cosa ci si aspetta dal futuro.
Il tormento interiore si sviluppa attraverso varie emozioni: rabbia, paura, tristezza, che si alternano per un certo periodo di tempo, più o meno lungo, rispetto alla tipologia di personalità e alla specificità degli eventi di vita, fino a quando la persona non ritrova il senso di sé come individuo e allora gradualmente lascerà l'immagine interiore del vecchio Noi, per riscoprire un Io, in grado di tornare a vivere, sperare, desiderare, verso la possibilità di costruire anche un nuovo Noi, con altre persone, più consapevole, forse, di ciò che è e delle cose di cui ha bisogno per vivere serenamente.
In questa visione il processo separativo, pur essendo un cammino spesso doloroso, è visto come un processo di trasformazione, di cambiamento, che può essere incontrato dalla persona nell'evoluzione verso la sua meta, verso una armonia con il mondo esterno.

Le Emozioni da gestire nella mediazione familiare
Partendo da queste riflessioni generali, possiamo dire che molte sono le emozioni che il mediatore dovrà affrontare e gestire in un processo di mediazione familiare
Il processo separativo, a livello emotivo, scorre attraverso varie fasi che si susseguono nel tempo, dove le persone incontrano molte emozioni diverse, dal senso di perdita della coppia coniugale, al risentimento e rabbia contro l'altro, così come affermano i clienti in mediazione: "Sono arrabbiata perché mi ha abbandonata..", oppure " Provo risentimento perché si è dimenticata degli impegni presi precedentemente con me" dove il dolore per l'abbandono e il risentimento per essere stati traditi vengono vissuti, con intensità, dai partners che sono stati lasciati.
In mediazione possiamo incontrare anche la rabbia contro se stessi per non essere riusciti a salvare il legame di coppia, a tenere unita la famiglia, per il senso di colpa contro l'altro coniuge, da cui si è scelto di separarsi, per la paura di farlo soffrire, oppure il calo di autostima per aver fallito, la paura di non farcela a vivere da soli, a provvedere a sè ed ai figli.
Durante il processo di separazione, i sentimenti di inadeguatezza, se sono latenti in una personalità, probabilmente si riattivano e possono diventare scatenanti di atteggiamenti di autocommiserazione, che potrebbero portare le persone a chiudersi ed a soffrire profondamente.
Le emozioni di perdita, di rabbia, di rivalsa, di sconfitta, di sfiducia, possono presentarsi con intensità e durata limitata, o possono necessitare di più tempo per essere superate.
Gli esperti del settore affermano che sono necessari circa due anni, in media, per superare una separazione a livello emotivo- relazionale, psicologico, per imparare cioè a sciogliere il legame con l'altro e gradualmente dentro di sé.
Tutto ciò è anche collegato alla quantità di tempo che le persone hanno condiviso precedentemente e all'intensità e significatività del rapporto stesso.
Le emozioni non vengono vissute nello stesso modo dalle persone e in un iter di superamento di esse, possiamo trovare i partners a due livelli completamente diversi di rielaborazione del processo separativo.
Troviamo, generalmente, la persona che "è stata lasciata" ad un livello di rielaborazione dei vissuti della perdita, ancora molto disgregante per sé, perché non ha scelto la separazione e dovrà imparare ad accettarla, continuando a vivere, lavorare, occuparsi dei figli, senza la vicinanza dell'altro significativo, imparando gradualmente a fare tutte quelle cose che nella vita di coppia erano delegate all'altro e questo aspetto avrà bisogno di tempo per svilupparsi, perché la persona dovrà integrare competenze che non era abituata ad usare.
Questo "intero simbolico" da riformare con se stessi, non è semplice, nè facile e potrebbe trovare vari gradi di difficoltà nell'attuazione.
La "persona che lascia" potrebbe essere più avanti nella rielaborazione emotiva del processo separativo e vivere con più distacco gli eventi di oggi, di ieri, collegati alla relazione con il partner, perché già interessata/o ad una nuova storia emotivo sentimentale o più risentito/a verso l'altro per una serie di rimproveri rivolto al partner, ritenuto causa della crisi che ha condotto la coppia a separarsi.
In questo caso il mediatore dovrà gestire il setting emotivo della coppia partendo da due livelli diversi, un tono emotivo più depresso e l'altro più distaccato o irato e dovrà aiutare le parti ad esprimere queste emozioni e a comprenderle reciprocamente, quel tanto che sarà necessario, per procedere nel processo di mediazione, verso possibili accordi.
Se l'emozione della perdita è tanto grande, se la rabbia troppo intensa, se la rivalsa assume aspetti minacciosi, se il calo dell'autostima appare profondo, se l'aspetto autocommiserativo non lascia posto alla relazione con l'altro, il mediatore valuta la possibilità di inviare la coppia ad altro setting, quale la psicoterapia, la terapia di coppia, perché le emozioni, i sentimenti, delle persone sono così feriti che hanno bisogno di più tempo e di interventi più profondi per trovare possibili soluzioni, rispetto al processo di mediazione.
Le emozioni dei clienti vengono accolte in mediazione familiare ma con modi e tempi che richiedono un rielaborazione veloce, un "Io" abbastanza forte ed attivo da avere la capacità di entrare dentro i processi emotivi e di uscirne velocemente dopo aver rielaborato ciò che è utile per arrivare ad una soluzione del problema.
La maggior parte delle persone, nonostante le difficoltà e le sofferenze presenti in una separazione coniugale, riescono a viverla portando avanti molti altri settori della propria vita, quali il lavoro, il rapporto con i figli, con gli amici, con i parenti, altre invece subiscono un arresto totale che ha risvolti negativi su tutte le aree della loro vita e necessitano di molto più tempo per ristrutturare i rapporti e attuare le modifiche relazionali richieste dalla separazione stessa.
La mediazione familiare è un tipo di intervento breve che aiuta le parti a trovare la soluzione ai loro problemi separativi e va da un minimo di due/tre incontri ad un massimo di dieci incontri, quindi è rivolta a tutte quelle coppie che, pur soffrendo per la separazione, cercano di combattere anche da sole gli aspetti depressivi e vogliono provare a trovare una soluzione alle loro incomprensioni; non è rivolta a personalità troppo disgregate dal dolore, dalla perdita, dall'angoscia, per le quali è più adatto un setting psicoterapeutico.
Il mediatore deve, però possedere la capacità di sapere entrare nelle emozioni dei clienti per aiutare la loro espressione.
Durante il processo di mediazione familiare, è importante perciò che abbia approfondito, nel suo percorso di formazione in mediazione, un lavoro sulle sue emozioni personali per capire come si sente rispetto ai temi della perdita, della rabbia, dello smarrimento, della sconfitta, per sapere di sé e poter aiutare i clienti ad affrontare queste emozioni, senza averne troppa paura; senza sentire eccessiva vergogna di provarle; per sostenerle nel superamento del conflitto emotivo che le comprende.
Il processo separativo porta le persone a confrontarsi con la perdita dei loro punti di riferimento e a doverne costruire altri ed è normale sentire una sensazione di smarrimento, di confusione, che passerà lentamente quando con più chiarezza capiranno che cosa vogliono e che cosa è più utile per loro.
Nel processo di mediazione familiare i clienti imparano a ristrutturare i loro obiettivi dopo la separazione e per far questo devono essere aiutati dal mediatore ad entrare per quanto è necessario, nel proprio mondo emotivo e in quello dell'altro per tornare gradualmente a dar valore ai propri bisogni e a quelli dell'ex partner.
Si possono riattivare conflitti emotivi precedenti, dove la rabbia, la sensazione di non essere capiti dall'altro, la voglia di rivalsa, se non vengono espresse, possono impedire il raggiungimento dell'accordo, la manifestazione di esse, invece, aiuta a capire il vero motivo di quella posizione, tenuta con tanta forza dal cliente, qual è il bisogno sottostante che chiede soddisfazione.
Altre volte, il mediatore, dovrà affrontare clienti che, dopo la separazione, non sono in grado di sapere qual è il loro vero interesse, perché lo stato emotivo generale evidenzia un calo di autostima che potrebbe portare queste persone, ad accordi non utili per loro, pur di non creare nessun conflitto con l'ex partner da cui sono ancora emotivamente molto dipendenti.
In questo caso, il mediatore, gradualmente, dovrà aiutare il cliente a capire quali sono i suoi obiettivi e che questi sono importanti perché hanno un valore per la persona stessa, che può tornare ad avere competenza nelle scelte più utili per sé, che è possibile tornare a desiderare e a decidere percorsi personali, anche dopo una separazione.
Il mondo emotivo delle persone dovrà essere vissuto dal mediatore come una risorsa, che aiuta a capire meglio i sentimenti feriti che nella separazione e nel divorzio, alimentano i conflitti.
Se il mediatore vivrà con una certa tranquillità, tutte le varie emozioni, potrà accompagnare i clienti in questo viaggio dentro se stessi, "all'ascolto di sé", utile per sentire e poi capire che cosa realmente vogliono.
Le persone hanno bisogno di tutte le loro emozioni per superare un processo separativo, il dolore per la perdita del legame affettivo, la forza della rabbia, la paura di non farcela, lo smarrimento, i bisogni frustrati, il piacere di desiderare di nuovo, la progettualità futura, sono tutti elementi ugualmente utili, essendoci un valore, per la crescita della persona, sia nella sofferenza come nella gioia.
Il mediatore aiutando i clienti a contattare queste emozioni, in realtà li aiuta ad impegnarsi per superarle, perché conoscendole meglio potranno mettere a punto strategie per gestirle, rendendo i processi separativi più sopportabili sui temi della sofferenza.

Competenze emotive del mediatore
E‘ importante per noi formatori preparare i futuri mediatori alle competenze necessarie per affrontare i conflitti emotivi sottostanti alla guerra di posizione che si svolge, di solito, tra le parti, nel setting di mediazione familiare.
Dietro ad ogni conflitto, troviamo una emozione ferita e saperla fare emergere, rendendola più gestibile alla persona, oltre che tollerabile nel processo di negoziazione tra le parti, è compito del mediatore, che dovrebbe aiutare i clienti a creare un clima emotivo in cui il raggiungimento dell’accordo sia possibile.
Alcuni degli obiettivi che riteniamo utili perseguire, nel lavoro di formazione per lo sviluppo delle competenze emotive del mediatore, riguardano:
1) lo sviluppo della capacità di ascolto, della comunicazione emotiva e della collaborazione tra le parti
2) la costruzione di una giusta distanza emozionale tra i clienti e tra loro e il mediatore
3) la consapevolezza della differenza esistente tra il problema portato in mediazione e le persone nella loro interezza e complessità emotiva.

Griglia di sviluppo delle competenze emotive del mediatore
Ad ognuno degli obiettivi sopra indicati, abbiamo abbinato la competenza specifica da acquisire e i sotto obiettivi di sviluppo del tema.

Saper creare un setting collaborativo tra le parti
- Accogliere le persone non solo il problema
- Tenere un atteggiamento confidenziale
- Mostrare attenzione in equa misura alle parti
- Tenere un atteggiamento di ascolto empatico
- Passare regole procedurali che tengono a sottolineare i punti di vicinanza emotiva tra le parti

Saper ascoltare con empatia i temi portati dalle parti in mediazione
- Tenere un atteggiamento emotivamente vicino all’emozione portata dalle parti in seduta (dolore, gioia, rabbia)
- Reggere lo sguardo dei clienti
- Tenere una mimica facciale e una postura adeguata al setting emotivo

Saper attuare una giusta distanza emotiva tra le parti
- Fare ascoltare, nel silenzio, il racconto dell’altro
- Passare regole procedurali che delimitano il confine dello spazio personale, o sottolineano l’aspetto di reciprocità tra le parti
- Fare entrare nei panni dell’altro
- Imparare a contenere l’emozione diversa dell’altro

Saper separare il problema dalla persona
- Far definire il problema soggettivamente alle singole parti
- Far definire la posizione portata dall’altro
- Definire che siamo di fronte a due letture diverse del problema
- Far definire, gradualmente, per ogni parte il tema della sofferenza emotiva legata al problema
- Definire che ci occuperemo del problema anche se accoglieremo l’emozione, quel tanto che ci servirà a risolvere il problema
- Definire che la sofferenza che sentono e ciò che la produce non sono la stessa cosa
- Definire che, in mediazione, ci occuperemo di più di trovare la soluzione al problema

Saper separare le proprie emozioni da quelle dei clienti
- Leggere le proprie emozioni
- Sapere a quale evento, persona, della nostra vita sono collegate
- Dare una risposta positiva alle nostre emozioni
- Concentrarsi sull’emozione dell’altro, portare in aiuto le nostre risorse emotive
- Sentire l’emozione dell’altro con la consapevolezza che entriamo nella storia di vita di un’altra persona
- Rispettare che: il centro emozionale appartiene all’altro

Saper comunicare alle parti i propri bisogni emotivi
- Rendere consapevoli le parti che la mediazione è il luogo dove i loro bisogni emotivi vanno dichiarati
- Aiutare le singole parti a definire il bisogno emotivo sottostante all’interesse
- Impegnarsi a comunicarlo all’altro
- Aiutare le singole parti ad accogliere reciprocamente il bisogno emotivo (entrare nei panni dell’altro)
- Aiutare le parti a definire il perché o il che cosa non riescono ad accogliere dei bisogni emotivi dell’altro
- Aiutare a negoziare un percorso di piccoli passi sull’accoglienza, possibile per quella coppia di clienti

Ognuno di questi punti, nel lavoro di formazione, viene sviluppato praticamente attraverso: strumenti specifici di raccolta di informazione sulla storia personale del mediatore, giochi di ruolo, simulate, casi specifici presentati dai docenti, cerchio delle emozioni, per capire le risonanze personali, degli allievi a livello emotivo, rispetto alla tipologia dei conflitti portati nei casi di mediazione.
Questo specifico lavoro sulle contro-attitudini e risonanze emotive difficili, viene ulteriormente individualizzato e approfondito nella fase di supervisione dei casi di mediazione portati dagli allievi stessi.
Queste nostre riflessioni sull’utilità di formare il mediatore familiare alle competenze emotive, portano a lavorare didatticamente sulla sua persona, per allenarlo non solo, alla lettura cognitiva del contesto relazionale in cui si svolge la mediazione, ma anche emotiva, per poter sviluppare ipotesi di lavoro utili alla soluzione del conflitto emotivo sottostante, che alimenta la disputa tra le parti.
Nel processo di mediazione, il mediatore aiuta le parti a definire il problema congiuntamente, a creare un terreno collaborativo in cui fare esprimere le varie opzioni per la soluzione del problema, a definire gli interessi individuali e congiunti, collegati ai bisogni sottostanti, a modulare i processi di negoziazione tra le parti, ad arrivare ad un accordo finale utile per entrambi.
Tutto ciò presume che il mediatore abbia, a vari livelli, lavorato anche sulle emozioni delle persone per renderle capaci di non restare prigioniere delle loro forti emozioni negative che non permetterebbero al negoziato di crescere verso l’accordo finale.
Il problema portato dalle parti in mediazione, non è il problema reso congiunto dal lavoro del mediatore che attraverso lo strumento della domanda e l’ottenimento del consenso da parte dei clienti, guida le parti verso una comunicazione meno conflittuale, garantendo ad entrambi ascolto e comprensione.
La diversità viene espressa nelle diverse opzioni, suggerite dalle parti per risolvere il problema e con essa il desiderio di essere contenuti emotivamente dall’altro, per il riconoscimento delle proprie esigenze.
Il mediatore tesse lentamente la sua tela, guidando le parti verso una migliore comprensione reciproca.
Il bisogno di essere riconosciuto dall’altro, esiste sempre dietro l’affermazione dell’interesse individuale, l’intervento del mediatore sulle rigidità emotive delle persone, sulle chiusure e svalutazioni reciproche, aiuta il passaggio dall’interesse individuale a quello reciproco o congiunto.
Il mediatore, inoltre, cerca di creare un clima migliore di accettazione reciproca dove è possibile aprire la negoziazione tra le parti.
La capacità di entrare “nei panni dell’altro”, di riconoscere all’altro il diritto ad un suo proprio vantaggio, comporta un passaggio emotivo dove l’empatia reciproca viene ricostruita e in parte ritrovata, come capacità di sentire ciò che sente l’altro e può crescere di nuovo il desiderio di non far soffrire.
L’alleanza emotiva, in parte, faticosamente ritrovata, nella fase finale della negoziazione, diventa la premessa necessaria per l’attuazione dell’accordo, che dimostra la capacità delle parti di essere “ancora insieme” per gli aspetti del processo separativo, dove è necessario continuare a collaborare.


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