I PRINCIPI SISTEMICI DELLA MEDIAZIONE


L’approccio sistemico quale base dell’ intervento e della formazione nella mediazione dei conflitti

L’ approccio sistemico si è configurato fin dagli anni ’50 con un modello che si confrontava nell’ambito delle scienze umane come plausibile riferimento nel campo della psicologia clinica.
Passando negli anni ’70 ed ’80 attraverso studi ed elaborazioni teoriche e cliniche che si basavano sulla cibernetica di 1° e 2° ordine, oggi tale approccio è divenuto uno stabile punto di riferimento sia in ambito clinico che formativo.
Così come per la psicoterapia, anche per la mediazione dei conflitti si è inteso adottare l’indirizzo sistemico quale riferimento epistemologico.
Nel dibattito oggi in corso sulla mediazione familiare qualcuno afferma – nell’evidenziare le differenze e i confini tra psicoterapia e mediazione – che quest’ultima non deve far riferimento ad una specifica epistemologia, ma riunire varie teorie applicandole in una pratica eclettica, nella quale è superfluo e inadeguato utilizzare il termine “sistemico” e inoltre che, mentre teorie psicologiche hanno trovato applicazione nella pratica psichiatrica e psicoterapeutica, la mediazione si occupa di “normalità”. Senza entrare nel merito dell’ intricata disquisizione sui confini tra patologia e normalità, accettando che per definizione la mediazione si sta occupando di quest’ultima, non si capisce perchè essa non possa far riferimento, come la psicoterapia, a una epistemologia che ne renda plausibile l’applicazione basandosi su una concezione sistemica e relazionale della natura umana, appropriandosi di una visione “contestuale” della sofferenza e del conflitto.
Come afferma Sergio Moravia, tra i filoni di riflessione psicologica, il “contestualismo” appare come quello più idoneo a rappresentare la fisionomia dell’uomo-persona, in senso binswangeriano, entro il sistema di relazioni nel quale si trova. E’ “assolutamente cruciale”, dice Moravia, “la centralità del contesto nell’esistenza che noi siamo, nella vicenda di conflitti e di mediazioni attraverso la quale si svolge la nostra vita...il contesto è il luogo in cui l’essere umano scopre le proprie capacità e propri bisogni. E’ il luogo in cui queste capacità e bisogni assumono il loro volto sociale e la loro identità personale”.
D’altronde “il grande padre” della teoria sistemica, Gregory Bateson ha fondato l’idea che senza contesto non è possibile comprendere il comportamento umano.
In psicoterapia gli aspetti evolutivi e costruttivi si determinano in una prassi in cui il contesto e la costruzione del consenso nel sistema familiare, costituiscono il presupposto imprescindibile del processo terapeutico. Analogicamente nella mediazione sistemica va prevista l’utilizzazione di uno spazio e di un tempo intermedio in cui processualmente attraverso un atto di negoziazione si ritrovino aree di consenso che permettano al conflitto di evolvere in modo positivo.
L’approccio relazionale-sistemico valorizza quindi la relazione nella misura in cui l’individuo viene colto entro la struttura dei rapporti che ha con altri individui nei vari contesti di appartenenza.

La rivisitazione sistemica del conflitto

Il conflitto deriva da “confligere” che significa cozzare insieme, combattere. Quindi il conflitto porta all’idea della lotta e in maniera più estesa alla guerra. In tal senso l’idea di conflitto si è legata a una concezione distruttiva dello stesso e quindi negativa; ma il conflitto fa parte della vita, come la violenza e la lotta.
Il conflitto, non è nè un bene nè un male, c’è semplicemente; e noi dobbiamo imparare a “trasformarlo” sia nella relazione tra parti in conflitto sia sopratutto con noi stessi. Quindi il conflitto è nell’individuo e nella relazione: ne fa parte. In uno dei suoi significati etimologici la crisi è descritta come qualcosa che presuppone a una scelta, a una decisione. Quindi come la crisi rappresenta un’opportunità, così anche il conflitto, passando attraverso delle scelte deve creare opportunità utilizzando le trasformazioni in senso evolutivo. I conflitti invece vengono vissuti come qualcosa di fastidioso, minaccioso, distruttivo, doloroso. La maggior parte delle persone tenta di evitarli; quando non è possibile spesso diventano una lotta per il potere, che si inasprisce e si cronicizza consolidandone le concezioni negative.
Il punto di vista sistemico attribuisce alla mediazione, capacità perturbatrici, di confronto e di incontro, sui conflitti che si instaurano nelle relazioni e interazioni individuali.
Questi stessi conflitti dovranno assumere identità costruttive e non distruttive entro una pratica decisa a operare entro la realtà interpersonale; una pratica mirante sì a mediare, ma a mediare attraverso la graduale trasformazione delle componenti di tale realtà.

La famiglia come sistema nella mediazione

La famiglia più che la coppia ha costituito il punto di riferimento privilegiato nella mediazione dei conflitti. Il punto di vista sistemico ripropone la famiglia nella sua storia intergenerazionale e nel suo ciclo di vita. I figli come la generazione dei nonni sono parte essenziale di questa storia e pertanto non possono e non devono essere esclusi dalla ricostruzione della stessa.
I figli in particolare mantengono inoltre la principale fonte di attenzione quando sono coinvolti entro le dinamiche distruttive del conflitto. Non necessariamente vanno coinvolti direttamente nel processo di mediazione familiare, ma possono diventare se necessario risorse fondamentali.
Non vanno strumentalizzati ma ad essi va attribuita competenza quando la debbono avere come a loro non va proposta una delega la dove i genitori e gli adulti debbono assumersi la responsabilità che loro compete.

La mediazione familiare nella fase di separazione coniugale

E’ un processo interattivo, in primo luogo in quanto la separazione, nei suoi vari stadi, implica una rielaborazione a livello interno ed esterno, cioè sul piano affettivo ed emotivo, delle relazioni di attaccamento e delle relazioni affettive familiari con una riorganizzazione di ruoli e funzioni.
La separazione si può definire compiuta, in senso evolutivo quando vengono “risolti” i nodi relazionali legati ai ruoli coniugali che hanno portato alla dissoluzione del matrimonio. Rimangono, anche se trasformati i ruoli genitoriali; ovvero si rimane genitori.
In secondo luogo è interattivo in quanto prevede nel tempo un coinvolgimento delle parti interagenti.
Il sistema familiare, almeno nella sua dimensione trigenerazionale, (genitori, figli, genitori dei genitori cioè nonni) e di altri sistemi che si attivano in tale processo, quali il contesto amicale, sociale e legale oltre che psicologico-mediatorio. Cioè si forma una rete interattiva spesso molto complessa, che va considerata e compresa nelle sue peculiarità relazionali (cioè come e quando interagiscono le componenti di tale rete). In tal senso amplia il campo di osservazione a tutti i sistemi coinvolti nella dinamica del conflitto.
Il processo è finalizzato a raggiungere accordi nelle situazioni di conflitto, che si verificano nella fase o meglio nelle fasi di separazione coniugale. Considera la consapevolezza dell’inevitabilità del conflitto nelle relazioni umane e valorizza gli aspetti costruttivi ed evolutivi dello stesso.
Tale processo delinea un percorso di aiuto alla famiglia prima, durante e dopo la separazione.
In questo percorso la mediazione deve circoscrivere l’intervento al raggiungimento degli accordi, rispettando la complessità degli eventi storici e relazionali della famiglia.
Ha come obiettivo quello di offrire agli ex coniugi un contesto strutturato e protetto, in autonomia dall’ambiente giudiziario, dove poter raggiungere accordi concreti e duraturi su decisioni che riguardano la loro relazione genitoriale e quella con i loro figli (come l’affidamento e l’educazione dei minori).
La mediazione familiare adotta quindi, coerentemente a una impostazione di tipo sistemico relazionale, un approccio interdisciplinare che sollecita il dialogo e la sinergia operativa tra figure professionali di ambito diverso, psicologico giuridico e sociale. Prevede infine un intervento con entrambi i partner e con i loro figli (quando si ritiene necessario)

In sintesi l’intervento di mediazione familiare considera:
  • l’ attenzione alla comunicazione tra le parti interagenti;
  • l’ accoglimento delle emozioni e della sofferenza ;
  • l’attivazione di tutte le risorse familiari con rifiuto delle deleghe;
  • la connessione tra l’adattamento della famiglia alla separazione e la fase del ciclo vitale in cui si trova;
  • l’ampliamento del campo di osservazione alla rete relazionale passata, presente e futura;
  • la presenza dei figli che diviene più efficace quando essi esprimono desideri e paure che possono negoziare con i genitori.


L’ Istituzione nella mediazione

L’approccio sistemico alla mediazione ha coerentemente ripreso il contesto come concetto portante dell’apprendimento del processo mediatorio. I vari contesti ove si determina il conflitto hanno quindi costituito fin dall’inizio i campi ove intervenire da una parte e formare dall’altra. L’Istituzione in senso generale (nella giustizia, nella scuola, nel sociale) costituisce un necessario riferimento per l’analisi dei conflitti e il relativo tentativo di soluzione mediatoria.
Il campo di applicazione della mediazione istituzionale appare oggi ancora da approfondire e da sperimentare. Il concetto di intermediazione a cui mi riferirò più avanti, può, a mio parere, aiutare a comprendere sia l’intervento di tecnica che l’introduzione di un atteggiamento mediatorio di rilevante importanza.

I principi sistemici della mediazione

L’AIMS dalla sua nascita ha rappresentato un punto di incontro e di confronto tra le varie scuole di Psicoterapia che l’hanno costituita. Le diverse radici culturali e scientifiche a cui le stesse scuole si sono riferite, si sono in seguito tra loro amalgamate e integrate, pur nel rispetto delle proprie origini. In tal senso se da una parte Bateson, il gruppo di Milano e Sluzki hanno maggiormente influenzato alcune scelte epistemologiche poi cliniche e formative, dall’altra Minuchin, Bowen, e Watzlawick hanno riproposto la possibilità di utilizzare l’approccio trigenerazionale e il ciclo di vita della famiglia anche nel campo nella mediazione.
Le conseguenze sono state quelle per cui oggi l’AIMS si riconosce in un approccio, appunto quello sistemico, che nel tempo ha coniugato vari punti di vista proponendo una base comune di intervento (ad esempio il Centro Comete) e di formazione alla mediazione del conflitto sia nella famiglia che nell’ Istituzione. Per quanto concerne l’impostazione dell’ISCRA che è una delle scuole fondatrici dell’ AIMS, la tipologia della mediazione fa riferimento a una mediazione rivolta all’individuo alla famiglia e alla rete istituzionale: si rivolge come utenza agli individui, le coppie, le famiglie e i macrosistemi che fanno una richiesta di soluzione dei conflitti. Come formazione si rivolge ad Assistenti Sociali, Psicologi, Mediatori, Insegnanti, Avvocati, Pedagogisti.
L’invio a una mediazione può essere spontaneo o proposto da professionisti dell’area socio sanitaria, psicologica, giuridica, scolastica, dell’area del lavoro.
L’ attenzione si concentra nell’analisi e discussione della rete relazionale bio-psico-sociale dell’individuo, della famiglia e dei macrosistemi di riferimento.
Utilizza l’analisi e la discussione del ciclo di vita della famiglia e analizza descrivendolo il contesto significativo di riferimento.
L’analisi e la descrizione del conflitto porta alla negoziazione degli accordi di cooperazione, attraverso una conversazione che ridefinisce il conflitto attraverso una destabilizzazione della storia dominante che propone un accordo come risultato della trasformazione della stessa storia.

L’intermediazione

Il termine “intermediazione” appare coerentemente idoneo a rappresentare una concezione teorica e un intervento nella prassi che pone in primo piano la relazione tra individui e tra sistemi.
E’ un intervento complesso sia per il riferimento ai micro e ai macro sistemi a cui l’individuo si riferisce, ma anche per l’articolazione delle azioni mediatorie che vengono messe in atto.
Nell’intermediazione si determina quindi un processo di coupling tra il sistema mediatorio, la coppia, la famiglia e la rete sociale di riferimento. Essa diviene nello stesso tempo un intervento tecnico e una concezione operativa che esalta i processi interattivi accanto a quelli intrapersonali, esasperando le differenze e le affinità in grado di produrre apprendimento e di indurre trasformazioni da posizioni statiche a posizioni dinamiche.
La condizione dell’intermediazione nella sua funzione di metodo di apprendimento restituisce alla mediazione possibilità di interventi più coerenti nelle situazioni che hanno a che fare con il conflitto.
L’intermediazione è un processo comunicativo, relazionale e sistemico in cui nei contesti ove si determina il conflitto, si crea la possibilità di preservare distanze, o meglio differenze o somiglianze, tra livelli di dipendenza e livelli di autonomia.
L’intermediazione si determina attraverso l’osservazione che si esprime come funzione nel momento in cui crea contesti di apprendimento legati a un modo diverso di connettere i processi osservati. L’osservazione quindi non prevede interazioni istruttive ma cambiamenti che si determinano secondo un modello ecosistemico.
Nell’intermediazione è fondamentale il recupero della concezione tempo quale unica possibilità di superare il rischio di linearità e staticità che si determina quando si affronta una mediazione. Accanto al tempo condensato dobbiamo sempre considerare il tempo esistenziale, in una continua alternanza e ricorsività. “E’ possibile ipotizzare l’esistenza di due tempi interiori fondamentali: un “tempo condensato”, un “tempo esistenziale”, così li abbiamo definiti Mauro Mariotti e io in un articolo del 1980.
Il tempo condensato potrebbe essere definito come quella particolare struttura temporale che soprastà e regola gli apprendimenti e gli avvenimenti del tempo esistenziale. Nel tempo condensato accadono in frazioni densissime di tempo (di una densità paragonabile al concetto dei buchi neri dell’universo), avvenimenti consci e inconsci, fondamentali per l’individuo. Sostanzialmente nel tempo condensato accadono le definizioni di relazione o le minacce di definizione di relazione. Sono le informazioni che nella misura in cui avranno insight, determineranno i cambiamenti.
Sono le nascite e le morti, psicologiche e reali; i nuovi ingressi di materiale importante alla strutturazione vitale. Nel tempo esistenziale assistiamo alla strutturazione e all’apprendimento al vivere secondo le regole dettate dalle modifiche avvenute nel “fulmine” del tempo condensato.
La strutturazione della personalità è in continua bilancia tra tempo condensato e tempo esistenziale; si può supporre che tempi esistenziali siano fondamentali per consolidare e rendere esistenti cambiamenti avvenuti in tempi condensati”.
Esiste dunque un’interdipendenza reciproca e specifica tra i due tempi.
S. Agostino nelle sue “Confessioni” affermava “Futuro e passato non esistono. Tre sono i tempi: presente del passato, presente del presente e presente del futuro. Il primo è la memoria il secondo l’intuizione e il terzo l’attesa”.

L’intermediazione rappresenta una modalità di intervento la cui funzione è quella di affrontare la complessità del conflitto evitandone la cronicizzazione: ciò attraverso l’introduzione di un tempo che rappresenti un “continuum” ai vari avvenimenti in cui nel presente il passato si colleghi a un futuro. Va intesa inoltre quale metodo di apprendimento quando propone una lettura dell’intervento mediatoria vincolata da una parte all’analisi del contesto e della rete biopsicosociale, dall’altra della storia dominante del sistema costruita negli intrecci generazionali e nel ciclo di vita.
Attraverso la destabilizzazione della storia dominante ottenuta con un metodo conversativo e la definizione delle relazioni si tende a raggiungere la trasformazione del conflitto e della storia dominante che si è costruita intorno a essa.
L’intermediazione ridefinisce quindi a mio parere l’intervento di mediazione del conflitto familiare che il più delle volte diviene lineare, legato ad aspetti più istruttivi e pedagogici. Non essendo plausibili in senso sistemico interazioni solo istruttive, anche interventi lineari nel campo della mediazione hanno più possibilità di funzionare proprio se inseriti in una cornice sistemica.

I principi sistemici descritti sono quindi validi punti di riferimento sia sul piano teorico che nella prassi, negli interventi sia di psicoterapia che di mediazione. La differenza fra questi due campi, quello della psicoterapia e della mediazione, fondamentalmente legata al fatto che la prima per definizione interviene sul sintomo e sulle patologie attraverso la terapia, mentre la seconda sul conflitto attraverso la negoziazione degli accordi, si connette allo stesso tempo alle affinità e alle somiglianze tra loro, quando producono entrambe cura e consenso.
L’intermediazione riproduce quindi l’idea sistemica che sia la psicoterapia che la mediazione sono processi interattivi legati indissolubilmente alla relazione e al contesto che comprende da una parte lo psicoterapeuta e dall’altra il mediatore nei sistemi complessi che si creano intorno ai conflitti ed alle patologie.
Infine ritengo che il senso dell’intermediazione si esprima e si colga nel rispetto della relazione e dei diritti dell’uomo, compreso quello di avere conflitti come esprimere follia.