DALLA MEDIAZIONE AL COUNSELLING: UNA NUOVA PROPOSTA FORMATIVA.

di Giuseppe Ruggiero Socio fondatore AIMS, direttore IMEPS- Napoli imeps@libero.it

“Noi con l’argilla fabbrichiamo un vaso, ma è il vuoto all’interno che contiene quel che vogliamo”. Tao Te Ching

Sono molti anni che usiamo l’argilla per fabbricare vasi.
Abbiamo costruito diversi sentieri all’interno di un percorso più ampio che li contiene tutti: la mediazione familiare, giuridica, penale, scolastica, istituzionale, culturale, rappresentano le differenti declinazioni di un modello unico di mediazione, coerente con i principi e i metodi del paradigma sistemico.
Ho bene a mente il Convegno AIMS di Torino, nel 1999: presentai una relazione che aveva come tema:” Il modello AIMS di formazione in Mediazione Sistemica”.
A distanza di quattro anni abbiamo organizzato una tavola rotonda sul Counselling Sistemico.
Cosa è accaduto nel frattempo?
Quali motivazioni si possono individuare alla base di questa scelta di proporre nuovi percorsi di formazione?
Si tratta sempre della stessa argilla o di un materiale diverso?
Oppure è lo stesso tipo di vaso, ma con funzioni diverse?
Innanzitutto vorrei fare una considerazione di carattere generale sulla vita della nostra Associazione.
Se oggi l’AIMS può vantare di essere la Società di mediazione più corposa per numero di soci in Italia, ciò è dovuto sicuramente alla felice intuizione dei fondatori e al lavoro tenace di tutti i soci che hanno contribuito a costruire nel tempo un clima di rigore scientifico e al tempo stesso di familiarità e di amicizia.
Ma il benessere di questa Associazione è collegato, secondo me, ad un aspetto meno visibile e numericamente valutabile.
Il punto è che, in pochissimi anni, intorno ad un pensiero, ad un’ idea forte, che è quella della mediazione dei conflitti, si è aggregato un gruppo sempre più folto di operatori, di diversa provenienza ed estrazione culturale, attratti non solo dalla possibilità di acquisire un nuovo ed efficace strumento tecnico da utilizzare nelle professioni di aiuto, ma soprattutto dalla straordinaria valenza innovativa di questa proposta culturale.
L’idea della mediazione sistemica ci ha permesso di costruire un vero e proprio vocabolario: Rorty lo chiamerebbe “vocabolario decisivo”, in cui possiamo ritrovare parole estremamente importanti ed attuali, quali:
- cooperazione, lì dove il mondo in cui viviamo va sempre più verso la pratica della competizione a tutti i costi, della prevaricazione e dell’individualismo più sfrenato;
- creatività, che mette in crisi i modelli tipici dei giochi a somma zero, orientati agli obiettivi ed ai risultati, e propone modelli educativi, sociali, sanitari, economici, orientati ai processi che vengono messi in moto per raggiungere determinati risultati e al costante miglioramento di ciascuna fase del processo;
- e poi, altre parole importanti che formano frasi ancora più suggestive, come evoluzione, che sottolinea gli aspetti evolutivi del conflitto;
- poi, ancora, differenza, coesistenza, parole che costituiscono il fondamento etico di ogni relazione di aiuto;
- e infine parole antiche, di batesoniana memoria, rivisitate alle luce delle nostre esperienze nel campo della mediazione e del counselling, come curiosità opposta a controllo, bellezza contrapposta a potere, sacro contrapposto a separazione dell’individuo dal suo ambiente e dal suo destino evolutivo.
Sono queste, a mio avviso, le idee guida che aggregano e mettono insieme le nostre aspirazioni personali e professionali.
L’idea, dunque, corrisponde al vuoto all’interno del vaso; per poter essere veicolata essa ha bisogno di una forma, ma è la sua forza invisibile che fa del contenitore qualcosa di veramente utile.
E’ questo pensare interrogante, come lo definiva Heidegger, o pensiero multidimensionale, come lo definisce Morin, un pensiero che esprima la differenza, la pensi e la renda visibile, che anima il nostro dibattito culturale intorno alla professioni di aiuto, di cui la mediazione ed il counselling rappresentano solo la punta di un iceberg, alla cui profondità è contenuto un progetto molto più ampio: formare in maniera completa un operatore sistemico, che sia in grado di favorire il cambiamento all’interno di un sistema, rispettandone la complessità dell’organizzazione, la capacità di autotrasformazione, la coerenza della storia, senza cadere nelle ben note trappole del riduzionismo teorico e tecnico.
Seguendo questo tipo di conoscenza e di pratica, oggi possiamo essere abbastanza sicuri che i nostri mediatori, quando utilizzano una tecnica di negoziazione, non lo fanno solo con l’obiettivo di mettere d’accordo due persone in conflitto, ma soprattutto con la consapevolezza di mettere in moto un processo autoriflessivo all’interno del sistema che partecipa al conflitto, processo che, se ben condotto, continuerà a produrre i suoi frutti nella dinamica relazionale di quel sistema.
E’ per queste ragioni che una mediazione familiare di divorzio non potrà essere un intervento ortopedico, né un semplice esercizio di brainstorming, ma nemmeno una psicoterapia in miniatura.
Grazie anche alla diversità di approcci che caratterizzano le nostre Scuole di mediazione e all’intenso e appassionato dibattito che ha sempre animato le giornate di autoformazione riservate ai didatti, possiamo dire che il modello AIMS di mediazione messo a punto in questi anni, pur all’interno di un comune e condiviso paradigma scientifico di riferimento, si avvale di risorse, contributi ed esperienze diversificate, che lo rendono, proprio per questo, un modello solido e flessibile al tempo stesso, coerente con il pensiero a cui si ispira.
Ritornando, quindi, agli interrogativi iniziali, credo che la scelta dell’AIMS di aprire all’area del counselling rappresenti un’opportunità concreta per tutti gli operatori che, in differenti contesti lavorativi, partecipano ai processi relazionali finalizzati all’evoluzione dei sistemi umani, di ampliare il proprio repertorio di conoscenze e le proprie possibilità di intervento.

Un po’ di storia.
- Il CNCP viene fondato nel 2002 da alcuni rappresentanti di Scuole di Psicoterapia aderenti al CNSP. Tra le sue finalità, quella di promuovere e sviluppare la professione di counsellor e definire gli standard formativi per l’esercizio professionale, in conformità con gli standard europei.
- L’AIMS decide di istituire al suo interno una sezione speciale per il Counselling, offrendo ai soci interessati a tale profilo professionale la possibilità di acquisire il titolo di Counsellor, nelle sue diverse articolazioni- di base, professionista e avanzato- valido per l’iscrizione nel registro dei Counsellor del CNCP.
- Viene inoltre valutato di mantenere distinti i due percorsi di formazione in mediazione e counselling, con la possibilità per gli allievi di modulare le tappe del percorso formativo. Il biennio di mediazione costituisce, infatti, credito formativo per accedere al diploma di Counsellor, che può essere conseguito partecipando ad un terzo anno integrativo, nel rispetto degli standard adottati dal CNCP.
- L’orientamento dell’Associazione considera fondamentale nel processo di formazione di un counsellor sistemico l’apprendimento di teorie e tecniche attinenti ai diversi ambiti di applicazione della mediazione sistemica.
- Viene approfondito, all’interno della Commissione per la Didattica e la Ricerca, il dibattito intorno alle similitudini e differenze tra i tre processi di aiuto, psicoterapia, mediazione e counselling.
In particolare vengono individuate tre parole chiave di riferimento:

PAROLE CHIAVE
Psicoterapia: ristrutturazione.
Mediazione: negoziazione.
Counselling: empowerment.
Vi presento, quindi, in maniera sintetica il risultato di un primo lavoro di elaborazione sul tema del Counselling Sistemico, svolto all’interno della Commissione didattica, da me coordinata.
Si tratta di uno schema che illustra le caratteristiche generali del percorso formativo in counselling ad orientamento sistemico-relazionale.

DEFINIZIONE
DI COUNSELLING.
(ADOTTATA DAL CNCP, CONDIVISA
DALL’AIMS)
Il Counselling è un processo relazionale tra Counsellor e Cliente, o Clienti (individui, famiglie, gruppi o istituzioni).
Il Counsellor è la figura professionale che aiuta a cercare soluzioni di specifici problemi di natura non psicopatologica ed, in tale ambito, a prendere decisioni, a gestire crisi, a migliorare relazioni, a sviluppare risorse, a promuovere e sviluppare la consapevolezza personale su specifici temi.
L’obiettivo del Counselling è fornire ai Clienti opportunità e sostegno per sviluppare le loro risorse e promuovere il loro benessere come individui e come membri della società, affrontando specifiche difficoltà o momenti di crisi.
Il Cliente è la persona, la coppia, la famiglia o l’organizzazione che richiede di essere aiutata mediante un’opera di supporto, in un percorso formativo o un processo di sviluppo personale inerente una specifica problematica.

IL COUNSELLING SISTEMICO
Il Counselling Sistemico è un intervento breve, strutturato e circoscritto nel tempo, che si propone di sostenere il cliente nella ricerca e nell’attivazione delle proprie risorse e potenzialità ai fini del cambiamento e della crescita, mediante l’identificazione delle connessioni tra i diversi sistemi, familiare, lavorativo, sociale, istituzionale, coinvolti nelle problematiche che sono alla base della richiesta di aiuto.
In particolare, si configura come un processo relazionale nel quale un professionista, adeguatamente formato, aiuta il cliente a risolvere problemi, a prendere decisioni, a gestire situazioni di crisi e di conflitto, a migliorare i rapporti interpersonali ed a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e della propria vita di relazione.


I CORSI DI FORMAZIONE IN COUNSELLING SISTEMICO RICONOSCIUTI DALL’AIMS
A) Corsi per Counsellor sistemici di base
Struttura: biennali
450 ore complessive, suddivise in:
training specifico: 240 ore
seminari e congresso nazionale AIMS: 80 ore
tirocinio: 90 ore
supervisione: 40 ore
B) Corsi per Counsellor sistemici Professionisti
Struttura: annuali
450 ore complessive, suddivise in:
training specifico: 160 ore
seminari e congresso nazionale AIMS: 40 ore
tirocinio: 200 ore
supervisione: 50 ore

OBIETTIVI DEI CORSI PER COUNSELLOR SISTEMICI
- Possedere una buona conoscenza teorica del modello sistemico e delle sue applicazioni nei contesti non terapeutici.
- Acquisire capacità di assestement dell’individuo, della coppia, della famiglia, del gruppo e dell’istituzione.
- Apprendere a utilizzare positivamente le potenzialità della comunicazione interpersonale.
- Utilizzare con perizia tecniche di intervento atte ad evidenziare risorse individuali e di gruppo, per valorizzarle e/o ristrutturarle.
- Apprendere tecniche specifiche di negoziazione dei conflitti e tecniche specifiche del Counselling Sistemico.
- Ampliare la consapevolezza delle proprie modalità di mettersi in relazione con sé e con gli altri.

PRINCIPALI AMBITI APPLICATIVI
DEL COUNSELLING SISTEMICO
- Familiare
- Scolastico
- Socio-educativo
- Comunitario
- Sanitario
- Aziendale

SPECIFICITA’ DEL MODELLO FORMATIVO AIMS DI COUNSELLING SISTEMICO
- L’attenzione al contesto, come cornice di significato e strumento di intervento.
- La conduzione del colloquio e del processo di aiuto secondo il modello sistemico-relazionale.
- L’utilizzo di teorie e tecniche proprie della mediazione sistemica (familiare, comunitaria, sociale, istituzionale, interculturale), ritenute un bagaglio indispensabile della formazione professionale del counsellor.
- L’importanza attribuita alla storia familiare del cliente, all’intreccio e alla trama narrativa trigenerazionale, quindi alla dimensione dei significati, dei miti personali e del gruppo di appartenenza.
- L’esplorazione del “mondo dell’osservatore” ( valori, pregiudizi, esperienze, emozioni, stile di relazione) durante il training formativo, attraverso l’utilizzo di differenti tecniche narrative (genogramma, genogramma fotografico, metalogo, tecniche relazionali di narrazione analogica).
- L’analisi del processo di costruzione dell’obiettivo professionale.
Prima di concludere, vorrei fare ancora qualche riflessione personale sul fenomeno della proliferazione delle professioni di aiuto.
Sicuramente una delle possibili motivazioni di questo rapido incremento va ricercata nel moltiplicarsi delle forme del disagio esistenziale, che si accompagna all’esigenza di disporre di interventi di aiuto brevi, flessibili, che non comportino un eccessivo dispendio di tempo e di energia, soprattutto quando non è richiesto o non è attuabile un intervento più strutturato, come la psicoterapia.
Ciò che non può essere adeguatamente contenuto, rappresentato, elaborato nel sociale, nella dimensione familiare e collettiva dell’individuo, chiede asilo e riconoscimento negli spazi destinati all’aiuto.
Una seconda risposta va ricercata nei cambiamenti culturali che stanno sempre di più modificando la filosofia dell’organizzazione dei servizi assistenziali, educativi e socio-sanitari, richiedendo una costante integrazione multidisciplinare delle pratiche di intervento e consentendo, pertanto, un capillare inserimento all’interno delle istituzioni di figure professionali “di confine”, come il mediatore familiare, sociale, culturale, lo psicologo scolastico, il consulente aziendale, il counsellor nelle unità di terapia oncologica o genetica.
Tale processo di integrazione è, però, a mio avviso, piuttosto lento e non scevro di rischi metodologici.
Il primo fattore di rischio è quello di immettere sul mercato nuove figure professionali, senza considerare i tempi necessari perchè il tessuto sociale, e soprattutto la cultura dei servizi territoriali, le possa recepire e adeguatamente collocare.
Il secondo elemento su cui dobbiamo riflettere riguarda l’ideologia della tecnica: disporre di un maggior numero di professionisti e di interventi di aiuto, rischia di medicalizzare ancora di più il disagio esistenziale, o almeno di saturare la stessa richiesta di aiuto, qualora tale tipo di professione venga interpretata, in maniera riduttiva, come una sorta di elargizione a buon mercato di risposte e soluzioni efficaci ai problemi e alle crisi dell’individuo, della coppia, della famiglia, del gruppo o dell’istituzione, o, peggio ancora, come un’istanza di normalizzazione e di appiattimento delle differenze.
Mediazione e counselling non rappresentano aree protette dove confinare la sofferenza, spogliandola dei suoi attributi patologici, in un malcelato tentativo di semplificazione e banalizzazione del disagio.
La dialettica normalità/patologia va tenuta aperta e viva, senza pretendere di mantenere confini netti di demarcazione, che assegnino rigidamente alle pratiche mediatorie e di counselling il compito di occuparsi dell’una, e alla psicoterapia e ai farmaci il compito di occuparsi dell’altra.
La sofferenza è una, anche se molteplici sono le forme in cui essa si può manifestare, molteplici le sue narrazioni.
A quale tipo di narrazione, dunque, appartengono le professioni di aiuto?
La nostra civiltà ha prodotto due opposte descrizioni del mondo, due strutture narrative: quella tragica e quella post-tragica, a cui corrispondono due relazioni con il mondo.
La prima è limitativa, la seconda è acquisitiva.
Nella prima viene esaltato l’essere, nella seconda il fare.
Nella tragedia la trama è già data, l’eroe si confronta costantemente con il limite e lo accetta.
Nella narrazione post-tragica la trama è inventata continuamente, esprimendo l’illimitata libertà dei personaggi e dell’autore a dei valori a cui si ispira.
Viviamo in un tempo, in una cultura che ci spinge sempre più a sfidare tutto ciò che è limite, a cercare una soluzione per ogni problema, secondo il principio che la possibilità di scelta è illimitata, che gli eventi della vita sono sempre spiegabili, senza alcun margine di ambiguità.
Il rinnovato interesse per la tragedia scaturisce proprio dalla nostalgia del limite e dell’ambivalenza che la tragedia celebrava, ma che il progresso ha completamente rimosso.
Il recupero e la valorizzazione di questa dimensione dell’incertezza, dell’imprevedibilità, della curiosità per le esperienze che la vita ci riserva in ogni momento, del senso del limite come possibilità, la rinuncia all’illusione del controllo ed alla frenetica ricerca del risultato immediato, devono continuare a rappresentare i principi fondamentali della nostra filosofia formativa.
Il punto non è l’accordo della mediazione, ma il processo di riorganizzazione personale e familiare che la mediazione può mettere in moto, stimolando una nuova consapevolezza nei membri della coppia relativa alla loro storia, al dolore della separazione, all’impegno che scaturisce da quel cambiamento.
Il punto non è la decisione che il counsellor aiuta a prendere, ma il senso del processo relazionale e dell’esperienza emozionale ad esso collegata, di cui la richiesta iniziale del cliente è solo un pretesto.
Allora l’imperativo etico di V. Forster, “agisci facendo in modo di accrescere sempre le possibilità di scelta”, va integrato, a mio avviso, con l’altro, di ispirazione tragica, “sappi confrontarti con il limite, con l’ambivalenza, con l’impossibilità di cambiare le cose”.
Anche se in mediazione, come nel counselling, si lavora per raggiungere accordi e soluzioni concrete, non dobbiamo sottovalutare l’importanza dei processi relazionali e delle esperienze che si sviluppano all’interno dei diversi setting.
Solo accogliendo il paradosso che ci spinge comunque ad agire, a cercare, a cambiare, a scegliere, pur consapevoli dell’illusione del controllo, della scelta e della libertà, possiamo preparaci ad essere buoni terapeuti, counsellor esperti e mediatori competenti.
Solo rinunciando al nostro bisogno di soddisfare il bisogno di aiuto dell’altro, possiamo veramente offrirgli aiuto e guarire da quella malattia cronica che caratterizza tutte le relazioni umane e che si chiama “codipendenza”.
La dimensione dell’aiuto è di fatto una dimensione paradossale.
Non sempre agire arreca vantaggio per i nostri scopi.
Molto spesso “darsi da fare” è solo un modo per nascondersi.
Come terapeuti, mediatori o counsellor, come operatori della salute, conosciamo il valore inestimabile della pausa, dell’intervallo, della sospensione dell’agire che rende più luminoso e consistente l’essere. Concludo, quindi con un pensiero che ci potrà guidare nelle nostre future scelte personali e professionali:

“Prendere è illusione, lasciare andare è illuminazione. La salute è una questione di spazio”. (D. Brazier).

BIBLIOGRAFIA
  • P.Binetti, R.Bruni, “Il Counselling in una prospettiva multimodale”, Edizioni Magi, Roma, 2003.
  • Morineau J., “Lo spirito della mediazione”, Franco Angeli, Milano 2000.
  • Ruggiero G., “Il modello di formazione dell’AIMS”, relazione presentata al II°Congresso Internazionale AIMS, “Professione Mediatore. Una nuova risorsa per il benessere della famiglia e della comunità”, Torino, 1999.
  • Zoja L., “Coltivare l’anima”. Moretti e Vitali, Bergamo, 1999.

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